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Cani anti-covid, un aiuto nella lotta al virus

By :Simone Pace 0 Commenta
Cani anti-covid, un aiuto nella lotta al virus
In collaborazione con Progetto Serena e Associazione Cani Rilevazione Covid
Che il cane sia il miglior amico dell’uomo è un fatto assodato dalla storia, ma che possa diventare anche un prezioso alleato per “scovare” le persone affette dal Covid, è certamente una novità. Una sperimentazione in tal senso è già in itinere e con risultati sorprendenti. Prova ne sia l’alto grado di attendibilità riscontrato, si parla del 98 per cento. Con il loro straordinario olfatto, se addestrati in modo corretto, possono dunque rilevare il virus con un margine di errore davvero irrisorio.
Su questa certezza si innesta proprio la “scuola per cani anti Covid” del Progetto Serena Onlus. Un’associazione senza fini di lucro ideatrice anche del “Protocollo cani allerta nel diabete”. Il sodalizio, composto da volontari, è stato fondato nel 2013 dall’addestratore cinofilo Roberto Zampier.

«Non addestriamo solo esemplari di razza – sottolinea subito Zampier –, i cani vanno tutti bene a meno che non abbiano delle particolari caratteristiche che non permettono di essere proposti per fare un lavoro tra le persone».

Perché un cane anti covid?

La situazione psicologica, soprattutto nelle persone fragili, quando si presentano per effettuare un tampone può indurre paure che con il tempo possono tendere a radicarsi piuttosto che sparire; per cui pensare che, soprattutto per i tamponi meno necessari, sia un bel cucciolone a darmi una sniffata piuttosto che un esploratore spaziale con il fucile a tampone da infilarmi nella gola e nel naso, riduce sensibilmente questi rischi. «Ci vorrà ancora del tempo, ma speriamo un giorno di poter utilizzare i cani per fare lo screening preliminare anti Covid. Il nostro intento è poi quello di poter tornare utili nelle scuole, dove ci sono i bambini, e tra gli anziani. In ambienti, insomma, dove la presenza di una cane sarebbe molto più apprezzata di un fastidioso tampone».

Come vengono istruiti a segnalare l’eventuale presenza del virus in un essere umano?

«In fase di addestramento facciamo in modo che riconoscano l’odore generato da un polimero, precedentemente trattenuto sotto l’ascella di una persona positiva al Covid per almeno 10 minuti. In tal modo il polimero “assorbe” le molecole olfattive attraverso il sudore. Dopodiché i cani, tramite il gioco, vengono stimolati a memorizzare l’odore. Quando lo percepiscono, avvisano immediatamente l’addestratore. Se infatti l’animale si mette seduto, significa che ha “scovato” un positivo, al contrario la persona è negativa.

Qual è il grado di attendibilità sul campo?

Prima di tutto i cani testano, annusandole, le persone, le quali poi effettuano un tampone. Il risultato di laboratorio poi viene subito raffrontato con quello precedentemente rilevato dall’animale. Ad oggi siamo ad una correttezza sui positivi del 98,2%. Sulle persone dichiarate negative questa percentuale sale invece al 100%. Il nostro obiettivo però è quello di scovare i falsi negativi. Ossia quelle persone che nonostante siano positive al virus risultano negative al tampone. Persone dunque potenzialmente contagiose. Per questa ragione l’utilizzo del “cane anti Covid” è fondamentale, perché dà una risposta immediata proprio su questi falsi negativi. Siamo arrivati a più di 1000 «test fiuto»: Venezia, Cagliari, Ozieri, altri paesi e diciamo che finora gli unici errori registrati sono stati i falsi positivi, 1,8%, ma ci sta visto che sbagliano anche i tamponi.

Il sudore contenuto nel polimero può trattenere il virus ed essere contagioso?

«Assolutamente no, perché il polimero raccoglie solo la molecola dell’odore. Non c’è rischio alcuno. Tutta l’operazione viene condotta in piena sicurezza, sia per il cane che per l’addestratore».

( Fonte Logudoro Live)

 

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